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Indice di edificabilità dei terreni: cos’è e come si calcola

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L’indice di edificabilità è stato introdotto nell’ordinamento italiano
negli anni ’60 per regolamentare l’espansione urbana che avveniva in quegli
anni in seguito al benessere e al boom economico. E’ in quegli anni
infatti che molti centri abitati da piccoli paesi si trasformano in vere e
proprie città.

L’indice di edificabilità serve appunto per regolare quella che viene
chiamata “densità edilizia”, un valore datto dal rapporto dato
dall’entità dell’impatto dell’essere umano sul territorio. Vediamo quindi
cos’è l’indice di edificabilità e come si calcola.

indice edificabilità-città
(foto di TheDigitalArtist – Fonte: pixaby.com)

Che cos’è l’indice di edificabilità

Qualsiasi tipo di manufatto ed edificio realizzato dall’uomo ha
inevitabilmente un impatto negativo sul territorio consumando di fatto del
suolo vergine. Questo impatto si traduce in alterazione dello stato dei luoghi
e sottrazione di risorse naturali.

Negli anni del boom economico nel nostro paese si era cominciato a costruire
in maniera indiscriminata senza consumando e distruggendo il terreno. Anche
oggi purtroppo in alcune zone accade questo ma per fortuna gli episodi sono
molto limitati. E’ in quegli anni che fu introdotto l’indice di edificabilità
dei terreni per dare una regola e limitare l’urbanizzazione selvaggia e la
densità edilizia.

Indice di edificabilità fondiario e territoriale: differenze

Il nostro ordinamento costituzionale prevede due tipi di indice di
edificabilità:

  • Indice territoriale: riguarda l’urbanizzazione delle grandi aree e della
    costruzione delle infrastrutture negli spazi pubblici.
  • Indice fondiario: riguarda i singoli lotti e si occupa della possibilità o
    meno di costruire all’interno di un singolo lotto di terreno.

Porre un limite e una regola è stato fondamentale per avere oggi delle città
vivibili e avere il giusto rapporto tra costruito e ambiente naturale.

Definizione delle Zone Territoriali Omogenee

Nel 1967 viene emanata la Legge n.765 detta “legge ponte” che introduce, tra
le altre cose, l’introduzione degli
standard urbanistici e standard edilizi e l’introduzione del D.M. n.
1444 del 1968 che stabilisce le regole della
pianificazione urbanistica.

Ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici sono
state individuate 6 zone omogenee:

  • Zona A (edilizia storica) agglomerati urbani di carattere storico,
    artistico e di pregio ambientale;
  • Zona B (edilizia residenziale consolidata) zone parzialmente
    edificate. E quindi aree nelle quali la superficie coperta da edifici
    esistenti è superiore al 12,5% della superficie fondiaria della zona, e la
    densità territoriale è superiore a 1,5 mc/mq;
  • Zona C (edilizia residenziale di espansione) zone inedificate, ma
    destinate alla realizzazione di nuovi edifici. Rientrano qui anche le aree
    edificate, ma nelle quali non si raggiungono i valori citati nel punto
    precedente;
  • Zona D (per insediamenti produttivi) aree dedicate alla realizzazione
    di nuovi impianti industriali o simili;
  • Zona E (zona agricola) zone destinate ad uso agricolo;
  • Zona F (per impianti e attrezzature collettive) aree destinate
    ad impianti e attrezzature di interesse generale.

L’indice di edificabilità ovviamente varia a seconda della
zona omogenea: ad esempio nella zona A è praticamente impossibile
costruire edifici e l’indice si attesta a 5 mc/mq. Nelle zone B e C l’indice
di edificabilità varia tra i 5 e i 7 mc/mq ma dipende dalla densità di
popolazione presente sul territorio. La zona omogenea E prevede un indice pari
a 0,03 mc/mq.

Cosa sono gli standard urbanistici ed edilizi

La normativa ha introdotto anche degli standard, ovvero dei parametri
che devono essere rispettati. Tali parametri sono:

  • Standard urbanistici: rapporti fra spazi destinati agli insediamenti
    residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
    collettive, a verde pubblico o a parcheggi
  • Standard edilizi: densità edilizia, altezza massima, distanza fra i
    fabbricati

Come si calcola l’indice di edificabilità

Ma ora veniamo al punto e cerchiamo di capire
come si calcola l’indice di edificabilità. Cominciamo col dire che
l’indice è un parametro, una grandezza ed esprime un rapporto: in
questo caso è un rapporto tra il volume edificabile e la superficie del
terreno. Nello specifico l’indice di edificabilità dei terreni si
calcola in questo modo:

n*mc/mq

dove:

(n) sta per indice di edificabilità consentito per quella determinata
zona

(mc) rappresenta il volume edificabile

(mq) rappresenta la superficie del terreno.

 

Conclusioni

Nonostante ci sia una normativa nazionale che stabilisce l’indice di
edificabilità consentito, in realtà Regioni e Comuni modificano con
regolamenti interni tali valori quindi per essere sicuri di fare un
calcolo corretto bisogna rivolgersi agli uffici comunali e chiedere i
valori aggiornati.

Ad ogni modo i fattori principali che permettono di trovare il potenziale
volume edificabile di un edificio da costruire in una determinata zona sono:

  • Il numero degli abitanti del Comune;
  • L’altezza massima stabilita in base all’area;
  • La distanza tra l’immobile da costruire e i fabbricati o infrastrutture già
    esistenti;
  • La percentuale di copertura edificabile in base alla specifica zona.
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